Milano e il corteo pro Palestina, il gesto inaudito che hanno visto tutti: è davvero una vergogna, ecco il motivo
Nelle strade di Milano, sabato pomeriggio, la manifestazione pro-Palestina ha preso una piega drammatica e sorprendente. Con un messaggio di solidarietà verso Gaza ma, in un contesto più ampio, anche verso eventi di violenza avvenuti ad Amsterdam, il clima è diventato teso, scatenando reazioni forti e preoccupazioni riguardanti il crescente radicalismo tra i gruppi che si oppongono al sionismo. Durante l’evento, i partecipanti hanno Alfina applaudito ai giovani olandesi, in un contesto di violenti assalti ai tifosi israeliani. Un’eco di emozioni e sentimenti polarizzanti ha risuonato nella città, lasciando un segno visibile e tangibile.
Il corteo, che ha fatto il suo percorso partendo da piazzale Cadorna verso Porta Genova, è iniziato con slogan che incitavano ad una sorta di “eroismo”. Parole come «applauso ai giovani di Amsterdam» hanno risuonato attraverso il megafono, additando con fervore i ragazzi e le ragazze che, secondo gli organizzatori, avrebbero “dato una lezione” ai tifosi del Maccabi Tel Aviv. L’atmosfera era impregnata di un mix di entusiasmo e indignazione, mentre veniva esposta una foto di Yahya Sinwar, il leader di Hamas, il cui impatto sulla guerra a Gaza è stato significativo e controverso. Non c’è stata alcuna espressione di empatia verso le vittime degli atti violenti di Amsterdam, ma solo un vuoto appello a giustificare il gesto. Le critiche sul “vittimismo sionista” hanno alimentato ancor di più il dibattito, con le affermazioni di chi sostiene che gli atti di violenza siano stati, in effetti, antisionisti e non antisemiti, un argomento che crea divisioni più profonde in un contesto già teso.
All’interno del corteo, il clima si è fatto incandescente, con appelli espliciti alla mobilitazione. «Dobbiamo agire nelle piazze e nei luoghi di lavoro», hanno dichiarato gli attivisti al megafono, enfatizzando la necessità di passare dalle parole ai fatti. Questa retorica ha sollevato preoccupazioni allarmanti riguardo alla possibilità di attacchi anti-israeliani in Italia. L’eco delle parole è rimbalzata tra i partecipanti: l’incitamento all’azione ha suscitato sia applausi che fischi, segno che il dibattito è ben lontano dall’essere chiuso. In risposta, la Comunità ebraica di Milano ha indetto una manifestazione “per dire basta all’antisemitismo”, evidenziando la necessità di contrastare l’influenza di messaggi che potrebbero incitare alla violenza. Questo episodio ha creato un clima di apprensione, facendo sorgere interrogativi su come le tensioni internazionali possano riflettersi in azioni locali.
Nel frattempo, la città di Amsterdam ha dovuto affrontare le conseguenze delle violenze avvenute giovedì notte. La reazione della sindaca Femke Halsema è stata quella di esprimere una profonda vergogna per gli eventi, dichiarando che “è un momento terribile per la nostra città”. Le autorità hanno bloccato le manifestazioni per tre giorni, mentre la polizia olandese ha messo in campo indagini per comprendere l’ampiezza e la gravità delle aggressioni ai tifosi. L’idea di “criminali in scooter” che pattugliano le strade alla ricerca di bersagli ha evocato un sentimento di vulnerabilità. Questi eventi hanno messo in evidenza la necessità di riflessione e di azioni costruttive, in un contesto di crescente polarizzazione. La domanda sorge spontanea: quali siano le soluzioni per affrontare un clima di violenza e odio che appare sempre più diffuso e preoccupante.